Taglia, avvita, incolla e poi disegna
Taglia, avvita, incolla e poi disegna
1. Noi vogliamo cantare il sogno, l’emozione, l’idea, l’intuito, la libertà creativa, la tenacia costruente. La poesia del progetto contro la subcultura infestante, del nulla globalizzante.
2. Noi vogliamo esaltare il momento vitale, l’insonnia creativa, il passo giocoso, il salto felice, l’ironia raffinata, la ricerca ossessiva e umile della qualità.
3. Noi vogliamo affermare la potenza dell’ingegno, arricchita di nuova bellezza, nel piacere della creatività: …una pentola, con il coperchio adorno di acciaiosi e grintosi mostacci, sbuffante e protesa che bolle per il mondo tutto, è più bella della vittoria della finanza sull’uomo.
4. Noi vogliamo inneggiare all’uomo creativo che tiene con fermezza il timone del suo fare, la cui rotta ideale fende l’universo a riprende la terra nella sua corsa orsbitata, riconducendola nel suo primigenio equilibrio.
5. Noi vogliamo che il disegnoso inventore si protenda, con totale capacità, senza sfarzo o arroganza, per divulgare l’entusiasmo dei creativi principi innati ed essenziali all’umana bellezza.
6. Non vi è più senso se non nell’impegno dello studio operoso e operaio. Nessun disegno che non abbia un carattere dedicato all’umana esigenza può essere un capolavoro. La poesia del fare deve essere concepita come un audace assalto all’ignominia dei mercanti massificati, per ridurli a prostrarsi ai piedi del popolo sensibile.
7. Noi siamo sulla vetta visionaria dei secoli! Perché dovremmo guardare l’addivenire, se vogliamo sorvolare le monopolizzate paludi dell’economia? Gli ottusi ignoranti morirono ieri. Noi viviamo nell’assoluto, perché abbiamo già ritrovato l’eterna bellezza.
8. Noi vogliamo glorificare la condivisione, il senso di unione, la contaminazione e, con esse, il gesto primario, geniale e intuitivo, dei liberati, le belle idee per cui si muore di passione.
9. Noi vogliamo distruggere le tante scuole insensate, baronali e commerciali, inutili raccoglitori di germi e virus latenti; bruciare quelle riviste patinate ridotte a niente di più che ricettacoli di sozze marchette; combattere, laicamente, l’amoralismo, l’assolutismo e ogni viltà economica e lobbistica.
10. Noi rifiutiamo il già visto, il linearismo facile dell’industria senza idee, la copia pedissequa e il lusso dello stile.
11. Noi canteremo la grande folla degli artigiani nascosti e animati dal piacere del saper fare e del voler fare, dall’amore per il lavoro, nonostante i cattivi maestri di uno Stato costoso, vessatorio, inefficiente e scostante. Canteremo le maree multicolore dei nuclei urbani e delle nostre antiche e uniche capitali. Canteremo il vibrante fervore delle officine e dei cantieri festosi e illuminati dal sorriso dei buoni intenti; gli involucri dismessi di memoria fabbricante; le piccole macchine, dimenticate nelle botteghe, per lo splendore dell’acciaio vivo, nascosto dalla polvere. Canteremo i maestri, simili a balene che governano i fondi mari, del nostro essere progetto; le bussole avventurose che fiutano il chiarore all’orizzonte e i missili delle nostre energie che, impetuosi, solcano il cielo, fieri di essere nostra invenzione, applauditi da una folla ora riconoscente.
È dall’Italia che noi rilanciamo al mondo, il Disegno Italiano, di decisa e assoluta bellezza, avvolgente e intrisa di passione. Con il Manifesto del Disegno Italiano rivendichiamo la volontà di contribuire a liberare il Paese, stanco e in ginocchio, dalla fetida malattia delle mode globali e dalle magie nere dei burattinai, degli economisti, delle multinazionali. Vogliamo liberarlo dagli improvvisati squali di saccenza inappropriata. Per troppo tempo l’Italia è stata un mercato di politologi e di poli-funzionari presuntuosi. Noi vogliamo liberarla dalle innumerevoli teste ferme e uniformate dal dio sonante e dal dejà-vu, riposizionare il giocoso disegnato dialogo: -Testa, cuore, mano , ed umanistici martelli con chiodi-.
L u c i a n o R e a
L u c a C a l s e l l i
D i e g o G u g l i e r m e t t o
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